di Maurizio Aragno
Non sono un ambientalista arrabbiato, ovvero: non sono un ambientalista nel senso politico-ideologico del termine… Non sono antinucleare e nemmeno anti TAV … ma arrabbiato sì! Sono sconcertato, preoccupato e, appunto, arrabbiato per come è stato gestito l’ambiente nel nostro comune negli ultimi vent’anni.
Mi sono trasferito a Pecetto nel lontano 1989, all’epoca avevamo un sindaco geometra, criticato, a torto o a ragione, per veri o presunti interessi nello sviluppo edilizio del paese. Nel 1994 nasceva l’associazione “Pecetto nostro”, tuttora esistente, che aveva come obiettivo salvaguardare l’ambiente e favorire un cambio di direzione nell’amministrazione comunale. Da una costola dell’associazione nasceva la lista civica “Dimensione Paese” che, dopo una prima vittoria elettorale nel 1999, ha gestito ininterrottamente il comune fino ad oggi. Teoricamente l’amministrazione post-geometra avrebbe dovuto porre un deciso freno all’espansione del cemento, salvo alcuni interventi di edilizia convenzionata (bruttini) nella frazione San Pietro.
A quasi vent’anni di distanza la situazione è molto cambiata, e non in meglio… Se ci guardiamo intorno possiamo notare che il suolo occupato da ville e villette e (per fortuna piccoli) condomini è aumentato di almeno il 20 per cento e, come se non bastasse, stanno sorgendo nuovi villaggi lungo la strada per Chieri. Sicuramente le nuove costruzioni costituiscono un’importante risorsa per le casse comunali, grazie agli oneri di urbanizzazione. D’altra parte le spese per la gestione del comune, cresciuto in pochi anni di 6-700 abitanti, sono molto aumentate: il personale dell’ufficio tecnico è passato da un solo geometra ad un numero imprecisato (non possiedo dati certi) di architetti e geometri. Anche il piccolo esercito di vigili urbani è stato rinforzato a dovere, come pure il personale amministrativo.
Apparentemente nessun danno è stato fatto all’immagine del paese, anche se fra qualche anno la tradizionale passeggiata fra i ciliegi in fiore si svolgerà fra le villette (speriamo in fiore). Il problema è la gestione sconsiderata del territorio, a Pecetto come dovunque in Italia.
Durante e subito dopo l’ormai abituale evento straordinario (inondazione, frana, siccità…) si discute, si denuncia e…tutto rimane come prima! Anche un bambino può capire che se il suolo è ricoperta da cemento non può assorbire l’acqua piovana, a maggior ragione in un’epoca di irregolarità atmosferiche come quella che stiamo attraversando. Se l’acqua non passa nel sottosuolo le falde non vengono più alimentate, quindi alla scarsità di precipitazioni si aggiunge la scarsa disponibilità di riserve sotterranee. L’acqua che scorre in superficie poi, quando le precipitazioni assumono caratteristiche tropicali, come sempre più spesso avviene, si muove dove può, causando disastri prima di scaricarsi alla fine in mare. Ci siamo dimenticati dell’inondazione del Banna del 1994? Poca cosa in confronto con altri eventi regolarmente straordinari che si ripetono in Italia, ma il Banna è poco più di un fosso, una “bealera” alimentata da rigagnoli quasi inesistenti, come il rio Martello che scende dall’ Eremo e, in caso di precipitazioni anomale (sempre più normali), si può gonfiare a dismisura. Anche di recente il Banna è esondato a Poirino e non è sufficiente rinforzare e cementificare gli argini per risolvere il problema, lo si trasferisce solo più avanti.
Aggiungiamo, per chi non fosse interessato ai destini del pianeta ma solo a quelli meschini del portafogli, che i terreni edificabili creano indubbi vantaggi economici, superiori a qualsiasi coltivazioni di ciliegie o di altro, a chi li vende, mentre l’aumentata disponibilità di immobili fa scendere di conseguenza il valore delle case, in un periodo in cui il mercato già soffre non poco.
E gli alberi? Gli alberi forniscono ossigeno e stabilizzano il terreno, sono preziosi e, a volte, vengono tutelati. Anni fa nel piccolo condominio in cui abito decidemmo di realizzare tre piazzole di sosta per le auto. Purtroppo nell’area destinata allo scopo era cresciuto un querciolo spontaneo. L’alberello era abbastanza rachitico e certamente nessuno avrebbe pianto la sua scomparsa, ma il geometra incaricato delle pratiche per la concessione del permesso di realizzazione ebbe l’infelice idea di chiedere al competente ufficio regionale il permesso di trasferire la pianticella. Mal ce ne incolse! La scrupolosa funzionaria che gestiva la pratica obiettò che la “pregiata essenza arborea” (testuale) avrebbe patito a causa del trasferimento e si arrese, dopo due anni, solo quando la perizia di un fitotecnico dimostrò la fattibilità del trapianto. Nulla di grave, tutto sommato meglio un eccesso di scrupolo che una mancanza di regole, non fosse che, mentre era in corso la pratica del querciolo e negli anni successivi, ho visto abbattere un po’ ovunque alberi, anche di alto fusto e di età rispettabile, per far posto a nuove costruzioni o anche solo per far legna. Ultimo esempio la ristrutturazione dell’ottocentesca villa dell’Eremo, per la realizzazione dell’“Arsenale della pace”.
A prescindere dalle finalità indubbiamente meritorie della struttura, che non metto in discussione, mi ha lasciato perplesso la disinvoltura con cui è si è proceduto all’abbattimento degli alberi del parco della villa, oltretutto con l’impiego di adolescenti boy-scout non so quanto tutelati per infortuni e altro. E’ pur vero che si trattava in prevalenza di conifere, alberi non pregiatissimi ma presenti nello stemma dei comuni di Pecetto (Pinea Picea) e di Pino; tuttavia, se ben ricordo, era presente nel parco anche un cedro del Libano, pianta non autoctona ma molto alla moda nell’ottocento, che possiamo ancora ammirare nei parchi di antiche ville della nostra collina e del Chierese. Il cedro dell’Eremo non c’è più, avrà avuto circa due secoli, ma in compenso il presidente Mattarella, in occasione della sua recente visita per l’inaugurazione dell’“Arsenale della pace”, ne ha piantato un altro. L’albero è piccolino, ma basta avere pazienza, un secolo o due e sarà bello alto.
Concludiamo con la bizzarra vicenda del percorso di mountain-bike del colle della Maddalena. Nel 2012 veniva realizzato, in un bosco situato sul versante nord del colle della Maddalena, aggettante verso Torino ma in comune di Pecetto, un percorso per appassionati di mountain-bike. Dal momento che passavo spesso da quelle parti per portare a spasso il cane e avevo notato il penoso abbandono di quel terreno, l’iniziativa non mi sembrava malvagia. Il bosco era palesemente trascurato e pieno di immondizia; dopo la trasformazione era sempre un bosco, ma ordinato, pulito, con sentieri ciclistici sostenuti da palizzate in legno. Secondo il comune di Pecetto invece la pista era da considerare abusiva, in quanto avrebbe violato vincoli idrogeologici e paesaggistici. Di conseguenza il terreno era posto sotto sequestro ed i responsabili dell’opera venivano denunciati in penale. Il processo si è concluso il 12 dicembre 2017 con la sostanziale assoluzione degli imputati. Giustizia è stata fatta? Forse no, infatti lo stesso giorno dell’assoluzione il comune ha fatto smantellare la pista, non abusiva secondo il tribunale ma abusiva secondo Pecetto, con una spesa di 11.000 euro. Ovviamente chi ha realizzato l’opera e se l’è vista sequestrare e poi smantellare dopo l’assoluzione farà causa al comune che, in caso di condanna, dovrà aggiungere agli 11.000 euro già spesi un adeguato risarcimento.
Intanto le villette crescono, gli alberi cadono e noi speriamo di cavarcela ancora per qualche anno
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