Articolo di Francesco Ravazza
Anche in questo cupo momento, noi pecettesi riusciamo a distinguerci per la nostra capacità e bravura e oggi è il caso di Davide Clerici, classe 1994, ingegnere meccanico, pecettese con la passione della montagna e della bici, ricercatore e vincitore della borsa di studio per il dottorato del Politecnico di Torino.
Davide, fin da bambino – parole sue – ha avuto una “passione per la matematica e per la sua capacità di risolvere, indagare e dare spiegazioni a ciò che ci circonda”.
Ebbene, il 4 aprile u.s è stata pubblicata sulla rivista scientifica ENERGIES la soluzione analitica di un modello di danneggiamento per le batterie agli ioni di litio, studiato da un gruppo di ricerca del Politecnico di Torino. Uno di questi è il nostro concittadino Davide Clerici, che ha guadagnando così un posto tra gli innovatori dell’ingegneria elettromeccanica.
Il suo complesso studio è un importante tassello nella ricerca ingegneristica che potrà cambiare ciò che noi tutti conosciamo e usiamo: le batterie al litio. Quelle usate nei nostri smartphone, per intenderci. Grazie al suo contributo, ora si può conoscere e quantificare il danneggiamento delle batterie, dunque studiare strategie per limitare il problema.
Come lui stesso ha spiegato, questa soluzione potrà servire nella scelta dei materiali futuri e per l’ottimizzazione dei materiali presenti oggi che compongono una batteria poiché – continua a spiegare – “un limite delle batterie è il loro peso. Pensare oggi giorno ad un aereo elettrico è da fantascienza perché il peso delle batterie per muoverlo sarebbe troppo grande per poterlo far decollare. Con questa soluzione si potranno ricercare nuovi materiali che permettono una maggiore capacità delle batterie a fronte del loro stesso peso, permettendo così di migliorare sensibilmente le applicazioni automobilistiche e ampliare il campo di applicazione attuale, estendendolo per esempio al campo aeronautico e navale”.
Chi vuole approfondire il lavoro di Davide può cliccare qui.
Complimenti da tutti noi per un “orgoglio pecettese” che è riuscito in qualcosa che nessuno prima aveva fatto.
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