di Alberto Del Noce
Le contestazioni del sindaco verso gli articoli dei giornali La Stampa, il Corriere di Chieri ed il Mercoledì (di Moncalieri) mi danno l’opportunità di chiarire ai lettori alcuni aspetti che l’amministrazione continua a trascurare. Analizziamo quindi molto sinteticamente la realtà emersa nel processo (le parti tra le virgolette sono le esatte trascrizioni delle carte processuali).
Innanzitutto stiamo parlando di un’area boschiva colma di rifiuti: “era una discarica”, “vi era uno strato di almeno un metro di rifiuti”, “copertoni, mattoni, materiale per edilizia, calcinacci, plastica, frigoriferi, ecc.”, ricoperto di sterpaglia e cespugli.
Autunno 2012. I volontari dell’associazione Pump Track incontrano la nostra amministrazione per illustrare il progetto: essi intendono pulire l’area boschiva abbandonata per realizzare una pista ciclabile amatoriale ed ecologica, coinvolgendo anche le scuole di Pecetto (pag. 31 del verbale).
11 gennaio 2013. Dopo alcuni incontri in Comune da parte del Geom. Perello (professionista dei volontari) per avere informazioni su come impostare la pratica amministrativa, l’associazione presenta una CIL (Comunicazione Inizio Lavori) ed inizia la pulizia delle aree con tanto di escavatore e con il periodico passaggio della Polizia Municipale. Non solo, ma il Comune suggerisce di recintare il cantiere per evitare intrusioni e sicurezza (pag. 36) e – si noti bene – invia più volte un camion per prelevare i rifiuti raccolti dai ragazzi (pag. 13 e 27). Dalla strada si vedono perfettamente i lavori di bonifica (pag. 14). Viene affisso anche un grande cartello con le indicazioni dei lavori e vengono segnalati al Comune tutti gli alberi che vengono tagliati secondo l’autorizzazione della Forestale (pag. 55). “Il Comune…non è che non sapevano niente. Tutti sapevano perché, non dico tutti i giorni ma quasi, venivano al Bar a prendere il caffè” dichiara al Giudice un teste (pag. 55).
22 gennaio 2013. Reputando che i ragazzi si stiano spingendo a realizzare una pista sportiva ed agonistica (nonostante le assicurazioni che il tutto è invece amatoriale – pag. 30, 31, 42 e 51), l’Ufficio Tecnico chiede la presentazione di un permesso di costruire e rigetta la CIL. Ma – attenzione – non notifica tale rigetto all’associazione: lo invia, senza alcuna formalità, via email (neppure PEC) solo al Geom. Perello (pag. 33 e 44), il quale (come giura davanti al Giudice – pag. 34) non informa i clienti, che quindi proseguono tranquillamente i lavori. Dagli atti emerge che vengono eliminate ben oltre tre tonnellate di rifiuti… che non vengono smaltite in bicicletta ma con l’ausilio… del camion del Comune! Nella sentenza il Giudice mette in risalto che i volontari hanno utilizzato “solo materiali naturali”, hanno ripulito un’area boschiva piena di rifiuti e che hanno lavorato in modo “tutt’altro che clandestino”.
11 marzo 2013. Il geom. Perello presenta una domanda con permesso di costruire una pista ciclabile per corsa campestre. Essendo mancante di alcuni documenti il Comune chiede integrazioni. Solo a marzo i volontari ricevono una raccomandata dal Comune ove essi capiscono indirettamente che la CIL era stata a suo tempo rigettata: i ragazzi cadono dalle nuvole poiché i lavori erano proseguiti alla luce del sole e con il costante passaggio dei Vigili.
6 giugno 2013. Il Corpo Forestale, che aveva autorizzato la pulizia dei boschi, non ricevendo alcuna documentazione dal Comune circa l’esito del permesso a costruire (pag. 45), chiede all’amministrazione di eseguire delle verifiche. Due settimane dopo il Comune rigetta anche la domanda di permesso a costruire ma a questo punto i lavori sono quasi tutti terminati.
1 luglio 2013. Interrogato dal Giudice, il Comandante Calò conferma di essersi attivato solo dopo la segnalazione del Corpo Forestale (pag. 4). Parte quindi il sopralluogo e si “scopre” (ironico poiché è da mesi che lo si vede…) che sono state eseguite le opere non autorizzate: parte la denuncia ed il sequestro dei terreni e dei mezzi. Viene anche emessa l’ordinanza di ripristino: meglio l’immondizia…
Viene anche dato incarico al Geom. Pogliano di fare una perizia dello stato dei luoghi, senza però segnalargli come erano i luoghi prima dell’intervento. Quando il Giudice, perplesso, chiede al Geom. Pogliano come aveva fatto a rilevare le opere eseguite se non conosceva lo stato dei luoghi prima, come aveva potuto fare il calcolo delle cubature, ecc. il teste risponde in modo confuso ed ammette di aver appreso solo in udienza che l’area era un deposito rifiuti abbandonato… (pag. 24).
Dicembre 2017. Emessa la sentenza di assoluzione dei ragazzi: assoluzione piena per un capo (“il fatto non costituisce reato”) ed assoluzione per gli altri due capi per non esser punibili vista “la particolare tenuità del fatto”…
Conclusioni. Il Comune ha creato una montagna che poi ha partorito un topolino, pure zoppo. Il Tribunale ha accertato che, se è vero quanto ora il Comune continua a ripetere e cioè che sono state eseguite opere non autorizzate, è anche vero che tali opere sono state eseguite senza sapere che… erano state negate. Quindi – scrive il Giudice – manca l’elemento soggettivo. Non solo, ma ciò che è stato eseguito è di minima entità (“l’offesa ai beni giuridici tutelati sono di entità particolarmente tenue”…).
In altre parole: processo durato anni, processo in cui il Comune ha anche omesso di costituirsi parte civile, che porta alla fine al risultato che si è visto. Con obbligo di dissequestro di terreni e mezzi. Con lo strascico anche di una causa avanti al TAR e che verosimilmente il Comune perderà.
Ma con il risultato di aver anche perso un’importante occasione: come emerge anche dalle carte processuali, il progetto aveva una valenza pubblica e si inseriva nel più ampio programma Strade Colori e Sapori della Provincia e, quindi, pur nel rispetto delle regole avrebbe potuto esser meglio seguito o accompagnato dall’amministrazione. Ecco perché La Repubblica ha così commentato: “Il sogno interrotto di un circuito per la bicicletta nel cuore della collina torinese, a Pecetto”. Ecco perché La Stampa ha scritto: “L’intervento ha ripulito un’area abbandonata. Ora la beffa”.
Ora i lettori possono meglio giudicare.
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